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In molte realtà territoriali è difficile per le aziende proporre strategie di mobilità alternativa davvero fattibili. Infatti i buoni propositi dell’impresa devono fare i conti con lo stato delle infrastrutture territoriali.
Queste ultime talvolta non sono in grado di soddisfare le esigenze di tutti i dipendenti, i quali potrebbero abitare in zone non servite dal trasporto pubblico locale oppure dalle quali richiede più tempo il tragitto con TPL piuttosto che con il mezzo privato. Dunque, abbattere le emissioni nocive non è semplice, soprattutto se bisogna fare i conti con le complesse (e allo stesso tempo frammentarie) infrastrutture cittadine e con le necessità legate agli spostamenti di tutti i giorni. Come possono agire le aziende in questi casi? Quali sono le strategie che il Mobility Manager potrebbe proporre concretamente nel PSCL? Il cuore della questione sta nell’individuare le aree nevralgiche all’interno del perimetro urbano nelle quali è possibile individuare e proporre soluzioni di mobilità più smart ai propri dipendenti. Stiamo parlando del cosiddetto ultimo miglio: cioè del tratto di strada più vicino alla meta che, non è un caso, costituisce spesso il cuore congestionato della città.

La vera sfida della mobilità urbana del futuro è riuscire a coprire l’intero tragitto in modo ecologico, ma oggi una delle principali criticità della mobilità urbana riguarda proprio la percorrenza dell’ultimo miglio. I Mobility Manager sono perfettamente consapevoli di questa problematica, soprattutto avendo a disposizione le indagini sulle abitudini di spostamento del personale che tendenzialmente evidenziano diversi disagi dovuti al traffico e che confluiscono nel PSCL. Se oggi una trasformazione totale sembra ancora lontana da venire, una buona risposta per i Mobility Manager è intanto fornita dalla micro-mobilità che consente di convertire le tradizionali abitudine di spostamento in una concezione intermodale più rispettosa dell’ambiente e nella quale può giocare un ruolo decisivo il ruolo dell’azienda.

Che cos’è la micromobilità per l’ultimo miglio

L’introduzione della micromobilità elettrica con la Legge di Bilancio 2019 in Italia dimostra il crescente impegno delle istituzioni nel promuovere soluzioni di mobilità sostenibile. ll governo ha fornito un quadro normativo che potrebbe stimolare un aumento significativo nell’adozione di tali mezzi per spostarsi nelle aree urbane. Questi mezzi, piccoli ed ecologici come biciclette, monopattini e motorini elettrici, costituiscono infatti una risorsa a disposizione dei cittadini che quotidianamente approdano in migliaia nel centro città ma che, solitamente, trovano una lacuna nel sistema dei trasporti dalla stazione alla sede del lavoro o dal parcheggio dell’auto e l’ufficio. Le misure introdotte puntano dunque ad agevolare la circolazione dei piccoli veicoli elettrici, prevedendo regole precise a livello tecnico, di prestazione e di circolazione. Ma quali sono le soluzioni migliori che il Mobility Manager potrebbe introdurre nel PSCL per coprire l’ultimo miglio in modo ecologico integrabili con le infrastrutture del TPL e con le auto private? 

Soluzioni di micromobilità per l’ultimo miglio

La micromobilità sostenibile è una delle risposte all’emergenza inquinamento. Consiste nell’utilizzare veicoli eco-compatibili per ridurre le emissioni nocive, in particolare nelle aree urbane dove si concentra il traffico. Ogni mezzo ha le sue peculiarità: il monopattino elettrico offre una soluzione rapida e facilmente trasportabile, la bicicletta è la più facilmente manovrabile, il motorino assicura rapidità; e poi l’hoverboard e il segway offrono esperienze di guida diverse ma che richiedono una maggiore abilità. Un aspetto essenziale legato all’ultimo miglio è che questi veicoli possono essere combinati con altri mezzi, come auto elettriche, creando un sistema di trasporto integrato e completamente sostenibile. La necessità è prevedere un sistema di stazioni di ricarica e di raccolta di questi mezzi in posizioni strategiche come ad esempio in prossimità di stazioni, di parcheggi o di quartieri business. 

  • Monopattino elettrico: diventati sempre più popolari nelle città e ragione di non poche perplessità per il loro uso selvaggio, in realtà sono mezzi intelligenti per la micromobilità urbana: facili da guidare e da trasportare (molti sono ripiegabili) con un’autonomia per coprire tratti di strada fino a 50 km. 
  • Bicicletta elettrica: con l’assistenza del motore elettrico, queste biciclette sono perfette per lunghe distanze, raggiungendo autonomie fino a 100 km. Perfette per percorrere lunghe distanze, sarebbero ben più popolari se ci fossero piste ciclabili migliori e più sicure nelle città.
  • Hoverboard: Questi piccoli dispositivi a due ruote sono amati soprattutto dai giovani. Sebbene richiedano un po’ di pratica per mantenere l’equilibrio, possono raggiungere velocità fino a 15 km/h e hanno un’autonomia di circa 20 km. 
  • Segway: Più stabile dell’hoverboard grazie al suo manubrio, il Segway può raggiungere i 20 km/h. È ideale per chi cerca una soluzione di micromobilità che sia sicura e intuitiva. Questi ultimi due mezzi non sono presenti in sharing. 

Micromobilità e Mobility Manager 

L’approccio del non possedere un mezzo ma di utilizzarne uno in sharing sta diventando sempre più popolare soprattutto dai Millennials in poi. Questa possibilità abbatte i costi di gestione e di proprietà, assicurando flessibilità, efficienza e sostenibilità. Ovviamente oggi non è ancora possibile affidarsi alla micromobilità in condivisione per la totalità dei tragitti, ma per spostarsi nei centri nevralgici della città è un’ottima soluzione e la sfida del Mobility Manager è quella di proporla anche ai dipendenti non più giovanissimi che rimangono arroccati sulla mentalità dell’automobile come migliore risorsa. Per riuscire in questa impresa, il Mobility Manager deve innanzitutto puntare su un’efficace comunicazione interna e poi individuare delle strategie di incentivazione che vadano da bonus a programmi di premiazione, fino a tariffe agevolate o contributi da parte del datore di lavoro. 

Ma non si tratta di un lavoro semplicissimo, infatti stilare un progetto di mobilità per l’intesa sede aziendale richiede una conoscenza del settore, a partire dalle normative. Non secondariamente, il Mobility Manager dovrebbe conoscere lo stato dell’arte delle infrastrutture e la presenza delle compagnie di micromobilità sul territorio con le quali stringere partnership per fornire un servizio di corporate sharing; e ancora: conoscere i budget a disposizione e saperli gestire o avere abilità di networking per stringere collaborazioni. Per tutte queste e altre ragioni, realizzare un PSCL non è un gioco da ragazzi. Stilare il documento non si limita solamente a proporre strategie ideali, ma comprende anche eseguire  un’indagine tra i dipendenti, studiare strategie misurabili e realizzabili e poi monitorare l’andamento delle proposte.

Ecco perché la scelta più efficace è quella di affidarsi ad una consulenza esterna che aiuti il Mobility Manager a divincolarsi tra le normative e agire nel perimetro delle effettive risorse e possibilità dell’azienda. La micromobilità sostenibile rappresenta un’opportunità, combinando efficienza, sostenibilità e flessibilità, ma per ottenere il massimo beneficio è essenziale che essa sia supportata da adeguate politiche aziendali, investimenti in infrastrutture e una chiara comprensione delle esigenze dei dipendenti.