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Con lo smart working, entrato a tutti gli effetti nelle abitudini lavorative di moltissime aziende, giunge inevitabilmente il momento di fare i conti con questa nuova modalità di prestazione professionale. In che maniera sta influenzando le dinamiche all’interno di un’impresa? Come sta influenzando le regole del mercato del lavoro? È davvero una risorsa? E se sì, in che maniera può contribuire a realizzare una mobilità aziendale sostenibile? 

Smart working e mobilità: è un binomio sempre positivo?

Il dibattito sullo smart working si sta pian piano ritagliando uno spazio sempre più ampio nel settore delle imprese; soprattutto per i Mobility Manager questa urgenza sta acquisendo una rilevanza sempre più incontenibile. Infatti, se questo professionista è tenuto a mettere a punto strategie di mobilità più sostenibile per l’azienda, il fatto che una buona fetta dei dipendenti svolga una quota parte del proprio orario lavorativo da remoto è rilevante nell’ottica di ottimizzare le risorse e calcolare l’impatto sull’ambiente delle soluzioni alternative proposte per il tragitto quotidiano

Le linee guida ministeriali per la stesura del PSCL indicano la necessità di indagare la distanza casa-lavoro dei dipendenti, i loro orari e i mezzi più utilizzati. E a questo punto è piuttosto intuitivo comprendere come dislocare parte dell’attività lavorativa direttamente a casa dei dipendenti riduca l’inquinamento. Pertanto possiamo dire che lo smart working è un fattore che favorisce la mobilità sostenibile, dal momento che contribuisce alla riduzione degli spostamenti quotidiani dei lavoratori. Eppure il passaggio non è necessariamente scontato. Infatti la comodità dello smart working si scontra con una cultura aziendale e con abitudini consolidate che si appaiano a pregiudizi che non hanno mai previsto e regolato dettagliatamente una tale modalità lavorativa. 

Bisogna d’altro lato considerare che un ricorso massiccio allo smart working come chiave di volta per ridurre in maniera sostanzialmente evidente l’impatto ambientale dell’azienda nasconde delle insidie. Infatti, domiciliare gran parte del lavoro dei dipendenti rischia di far perdere il senso di appartenenza all’azienda, l’organizzazione del flusso di lavoro, lo spirito di collaborazione tra colleghi; in una sola espressione: il concetto del luogo di lavoro come ambiente sociale. 

Non bisogna mai dimenticare che l’idea di sostenibilità è ampia e che abbraccia aspetti sia ambientali, che economici e sociali: gli obiettivi economici e ambientali delle aziende non devono perciò sacrificare quelli sociali. Nella fattispecie, il bisogno di ridurre costi e impronta ecologica non deve trasformare la vita lavorativa in un’esperienza spiacevole. Il rischio è che, partendo dalle migliori intenzioni, si finisca per confermare invece i pregiudizi che una mentalità aziendale vetusta impugna per resistere all’introduzione dello smart working. Pertanto, la soluzione potrebbe essere prevedere un lavoro da remoto, ma incoraggiando allo stesso tempo i dipendenti a recarsi a lavoro anche in maniera economica, sostenibile e anche piacevole e salutere.

Come inserire lo smart working in un PSCL all’avanguardia?

Lo smart working non dovrebbe quindi essere l’unica risposta che un Mobility Manager preveda nella creazione del PSCL per ridurre l’impatto ecologico dell’azienda. Nella parte strategica del Piano degli Spostamenti Casa-Lavoro il lavoro da remoto dovrebbe essere incluso come uno dei tasselli da incastrare nel progetto di una mobilità sostenibile generale. Ovviamente parliamo di “incastro”, dunque di iniziative tra loro coerenti, che possano combaciare per procedere verso un obiettivo comune. 

Come educare i dipendenti a scegliere le soluzioni di spostamento migliori nei giorni in cui sono tenuti a recarsi a lavoro? Basta questa domanda a rivelare come lo smart working non sia sufficiente. Dotare la sede lavorativa di parcheggi riservati al car pooling o griglie per le biciclette, fornire un abbonamento per TPL o proporre convenzioni con compagnie di trasporti è un ottimo inizio. 

Affinché tutto questo diventi realtà è necessario cambiare la prospettiva; forse si potrebbe partire dal rinnovare le definizioni utilizzate anche nella comunicazione interna. Piuttosto che “mobilità sostenibile”, che quasi porta con sé una sensazione di imposizione e di responsabilità dall’esterno, dovremmo forse parlare di “mobilità positiva”, per sottolineare la propositività e l’ottimismo che accompagna il cambiamento culturale e aziendale. 

Ovviamente ogni azienda è un mondo a sé e per questo non esiste una ricetta semplice e univoca per stabilire quanto e in che modo puntare sullo smart working nel PSCL. Le caratteristiche del territorio in cui sorge la sede, le disponibilità economiche anche in rapporto al numero di dipendenti o la diversa natura delle mansioni svolte dal personale bastano a definire dei profili aziendali del tutto unici che portano ad una pianificazione ad hoc delle iniziative da inserire nel PSCL. 

Aggiungiamo a questo il fatto che i risultati dei questionari sottoposti ai dipendenti forniscono una fotografia delle abitudini di spostamento, delle preferenze (propensioni), delle necessità e della disponibilità a provare soluzioni alternative davvero imprevedibili. Tutto ciò aumenta i tasselli del famoso puzzle da mettere insieme per inserire nel PSCL linee operative fattibili ma soprattutto obiettivi misurabili e raggiungibili. Ecco perché affidarsi a consulenti esperti che conoscano bene il settore della mobilità aziendale e le ultime novità in fatto di soluzioni innovative e normative è la scelta migliore. 

Oltre a questo non è da sottovalutare quanto un questionario per i dipendenti ben strutturato sia la prima mossa per realizzare un PSCL davvero efficace che unisca mobilità sostenibile e benessere; così come avere a disposizione un consulente che ne sappia interpretare i risultati con pragmatismo e lungimiranza. Chiudiamo con un esempio in questo senso. Infatti, puntare sullo smart working in una realtà lavorativa dove i dipendenti preferiscono invece recarsi in sede porterebbe a ben poca soddisfazione in quanto essi si sposterebbero comunque frequentemente e per di più senza soluzioni alternative al mezzo proprio promosse dall’azienda.